2018
Davide Valbusa

Megalomaniac

[Voti: 4   Media: 2/5]

Nascita di un’idea
Avevo appena concluso un videogioco quando ho concepito l’idea per quest’opera d’arte.
Il gioco in questione si chiama “Undertale” ovvero “Racconto del Sottosuolo”.
Questo gioco, della famiglia dei “trial and error”, presenta la possibilità di essere affrontato con tre comportamenti di gioco diversi ovvero, nel linguaggio dei videogiocatori, con tre percorsi: Pacifista, Neutrale e Genocida.
Giocandolo non ci se ne rende conto poiché il gioco tende a farti immedesimare perfettamente nell’avventura di Frisk il quale altri non è che uno dei tre protagonisti dei quali parlerò più avanti.
E’ stato solo quando ho consigliato questo gioco al mio migliore amico e lo ho osservato affrontare la “Genocide” che ho realizzato che questa modalità descrive perfettamente un megalomane a livelli critici.
Cosa centra questo con l’opera? Chi è il megalomane? Ebbene, come dicevo, ci sono tre protagonisti nel gioco: Frisk (umano caduto nel sottosuolo a causa di un incidente e filosoficamente rappresentante della “route Pacifist”), Chara (spirito di un bambino morto per cause spiacevoli che accompagnerà costantemente Frisk poiché in vita condivideva la sua stessa determinazione e filosoficamente rappresentante della “route Genocide”) e il videogiocatore.
Quest’ultimo è il vero possessore del potere: è colui che sceglie a chi dare in mano, tra gli altri due, la “Determination soul”, è colui che sceglie se caricare la partita dall’ultimo punto di salvataggio o “resettare” il mondo di gioco cancellando tutte le proprie scelte e gli eventuali peccati senza che nessuno dei personaggi virtuali ne abbia memoria.
E’ osservando il mio amico che mi sono chiesto: “Cosa vedrebbe un Genocida al termine del suo percorso se alzando lo sguardo dal monitor e guardandosi allo specchio potesse osservare la propria anima invece che quella di Frisk?”.

Chi è il Megalomane?
Lasciamo il mondo di Undertale e concentriamoci sul fatto che la megalomania sia una sindrome che, anche se per brevi periodi di tempo, affligge i videogiocatori e accomuna la grandissima parte dei videogiochi in cui è necessaria la violenza.
“La megalomania (ovvero mania di grandezza) è uno stato psicopatologico caratterizzato da fantasie di onnipotenza, fama e ricchezza.
La parola deriva da due parole greche: megas (grande) e “mania” ovvero ossessione.
Questa patologia mentale è certe volte sintomo di disturbi paranoici e maniacali.
” (Cit.
Wikipedia).
Al videogiocatore interessa il potere.
Assieme al personaggio che controlla, con un po’ di esperienza, è in grado di sconfiggere qualunque nemico.
Cosa ne ottiene in cambio? Un incremento degli HP (“Health Points” o “Punti Vita”), punti EXP (“Experience Points” o “Punti Esperienza”), un po’ d’oro (o qualunque sia la moneta di gioco) o magari un aumento di livello con un conseguente aumento dei valori delle statistiche di attacco e di difesa.
Ogni volta che uno di questi numeri aumenta si ha quella sensazione appagante… Il tutto ha l’esclusivo scopo di poter sconfiggere più nemici, in meno tempo, subendo meno danni il che, alla fine, porta il giocatore a voler massimizzare tutte quelle statistiche il prima possibile per punire quei nemici virtuali che tanto l’hanno fatto sudare quando era più debole raggiungendo un punto in cui il gioco non rappresenta più nessuna difficoltà e/o sfida: è ora di passare a quello successivo.
Questo desiderio di potere e il non averne mai abbastanza non va forse a colmare quello che “il terzo protagonista” non ha? Si può quindi considerare il “videogiocare” come uno sfogo della propria fantasia? Come uno sfogo della propria megalomania? La risposta, dal mio punto di vista, è decisamente sì e ritengo questo alquanto inquietante: nemmeno giocando un gioco che tratta la megalomania come argomento centrale ci si rende conto di questo dato oggettivo: si è troppo impegnarti a provare l’istinto omicida verso quell’essere virtuale che, se solo ci avessi provato, sarebbe potuto diventare tuo amico invece di ucciderti quel centinaio di volte.

Il Megalomane
L’opera presenta il rosso come colore principale il quale è il simbolo del sangue e dell’energia vitale sia mentale che fisica.
Tutte cose che il Megalomane-Genocida scarta distrattamente dalle sue vittime tenendo per se solo le statistiche.
Il colore rosso inoltre è il colore della “Determination soul” del gioco “Undertale” dal quale ho preso ispirazione.
In primo piano vediamo un personaggio incappucciato, che dà l’impressione di aver appena sollevato lo sguardo dal suo computer portatile, del quale si riescono a malapena a vedere i lineamenti del viso e gli occhi che brillano nell’oscurità.
Egli è il protagonista dell’opera il quale ho sempre avuto chiaro in mente come dovesse essere a lavoro finito pertanto ho deciso di disegnarlo, virtualmente, prendendo ispirazione da alcuni modelli che si possono trovare in /src/img.
Ho creato successivamente attraverso Photoshop uno sfondo trasparente che consentisse di vedere lo sfondo del canvas.
Avrei potuto provare a realizzarlo con p5: mi avrebbe dato un risultato simile non uguale purtroppo.
Sullo sfondo abbiamo una pioggia continua di 9.
Indicano il numero massimo che si è in grado di inserire in un numero limitato di digit: ad esempio se posso inserire 5 cifre il numero più alto che posso scrivere con la tastiera è 99999.
Servono ad indicare l’aspirazione, sebbene virtuale, verso il massimo limite raggiungibile che sia riguardante le statistiche di gioco o degli obbiettivi personali.
Questa parte è fatta totalmente con p5 e ne vado molto fiero perché ha richiesto varie ore di studio delle classi e della libreria in se.
Sul retro del laptop abbiamo una citazione al gioco “The Punisher” e personalmente penso che il titolo sia auto esplicativo.
Noi solleviamo lo sguardo solo per curiosità: vogliamo vedere come siamo dentro.
Il soggetto dell’opera invece sembra aver avvistato il suo prossimo obbiettivo.
Gli occhi del protagonista hanno lo scopo di attirare l’attenzione in quanto sono di colore diverso dal resto dell’opera.
Uno è arancione mentre l’altro è azzurro.
Il primo dovrebbe dar l’impressione di diventare rosso se solo si attende a sufficienza: rappresenta la parte di noi che guarda avanti verso il prossimo obbiettivo/nemico da superare o risorsa da ottenere.
Si possono veder scorrere le sigle delle tanto desiderate “statistiche megalomaniache”.
Realizzato con un ciclo di javascript che permette alle scritte di cambiare più velocemente o più lentamente in base agli fps del browser che lo esegue.
Indicativo del fatto che un videogiocatore-megalomane può essere aiutato molto dalla macchina su cui “gioca”.
Il secondo invece è di colore opposto al colore preponderante dell’opera e presenta una lacrima: rappresenta la tristezza, l’insoddisfazione, il bisogno di sfogo e la consapevolezza che su questa strada si sarà costretti a ricominciare da zero per appagare le proprie manie di grandezza.
Forse ora che lo guarda diritto negli occhi l’osservatore dell’opera sente i suoi peccati strisciare sulla sua schiena tanto da sentirsi una vittima… la sua prossima vittima.