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Il Manifesto dell'arte procedurale

Tutti dobbiamo avere un’occasione nella vita…per essere degli artisti

La cultura moderna ci ha insegnato a svalutare determinati valori, come la passione per ciò che è bello e la voglia di creare qualcosa che magari può non avere un fine immediato o uno scopo non prettamente economico.

Viviamo in una società “pratica”, la società del tutto subito, veloce e sempre per forza con uno scopo.

Si studia per ottenere un lavoro migliore (ma che non necessariamente ci piace), si lavora per acquisire, comprandoli, degli status, come la macchina nuova, il telefono ultimo modello, l’abito di marca.

Abbiamo perso parzialmente il contatto con la nostra parte più intima e sensibile, quella che abbiamo abbandonato passando dall’infanzia all’età adulta.

Eppure questo lato intimo vorrebbe spesso uscire e lottiamo per non permetterglielo.

In tutto questo contesto l’arte viene spesso relegata a materia di serie B, adatta a chi “ha tempo da perdere”, in quanto inconcludente e senza un ritorno economico immediato.

Qui in questo contesto nascono gli esteti del codice. Un gruppo di tecnici, fortemente legati alla tecnologia moderna, che rifiuta queste quattro parole “non si può fare”.

Da piccoli non eravamo inclini ad una visione artistica, non sapevamo dipingere bene o magari non avevamo sufficiente buon gusto per effettuare un corretto abbinamento cromatico.

Ci appassionavano altre cose: la matematica, la tecnologia, i computer…

Un gruppo di tecnici, fortemente legati alla tecnologia moderna, che rifiuta queste quattro parole “non si può fare”

Abbiamo quindi deciso di rifiutare lo status di tecnici “sterili” ed “asettici” per dimostrare alle persone che anche noi possiamo essere artisti, ed abbiamo qualcosa da dire.

L’arte procedurale fa infatti del suo nucleo non solo la mera realizzazione artistica basata sulla tecnica, ma soprattutto la spiegazione, il concetto di quello che si vuole trasmettere al visitatore che ammirerà l’opera.

Abbiamo deciso quindi che lo strumento per rappresentare le nostre idee non sarebbe stato il pennello, come impone l’arte classica a cui siamo abituati. Lo strumento adatto sarebbe stato il computer e la nostra prima tela sarebbe stato il codice da noi scritto.

In questo modo non esistono stili definiti, non dobbiamo per forza rifarci a dettami stilistici come avviene nelle altre correnti artistiche.

Possiamo fare quello che vogliamo, come vogliamo.

Il mondo digitale non ha limiti, se non la fantasia dell’autore che scrive il software.

In questo modo l’artista procedurale potrà creare opere di ispirazione cubista, futurista, classica, pop senza avere un vincolo di appartenenza se non l’utilizzo del software al posto del pennello.

Con questa corrente possiamo dimostrare che l’uomo è ancora il centro del mondo e non la tecnologia, strumento che se conosciuto ed approfondito a dovere può essere messo veramente al servizio di bellissime idee umane.

Diego Cecato
Fondatore del movimento di arte procedurale