2018
Nicola Tomelleri

Il riflesso che guardi e il riflesso che è

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“Noi siamo quello che gli altri vedono in noi o quello che noi stessi sappiamo di essere?” sicuramente la domanda del secolo ma non cosi lontana dall’attualità come potrebbe sembrare.
Perché fin da preadolescenti iniziamo a notare che alle persone piace giudicare, sembrano fatte apposta per commentare e dare pareri personali.
In più l’esplosione di internet e dei social network hanno fatto da rampa di lancio per dare a tutti le possibilità di parlare di tutto e tutti.
Si potrebbe giustificare questo modo di fare con la parola magica “libertà di espressione” ma io credo sia più la dimostrazione che molta gente ha fin troppo tempo che non sa come impiegare; d’altronde se nel 2018 abbiamo i “Terrapiattisti” su Facebook qualche domanda sarebbe da porsela.
Fatto sta che siamo costantemente sotto il giudizio di qualcuno, potrebbe essere uno a caso che passa dall’altro lato della strada tanto quanto una persona a noi vicina come un familiare.
Questo perché tutti abbiamo opinioni e giudichiamo chi ci circonda; la conseguenza diretta è che spesso veniamo influenzati da cio che gli altri si aspettano da noi.
Influenzati in vari modi: c’è chi come il Don Giovanni, privo di un’identità propria, cambia il suo modo di porsi in base a chi ha davanti, una razza fin troppo comune al giorno d’oggi; il tipico personaggio che prima ti da ragione e un attimo dopo sparla con qualcun altro di quanto tu abbia torto.
Ma anche, molto più semplicemente, quando si va ad una festa di compleanno di qualcuno pur sapendo che una volta là ci si annoierà a morte, solo perché si crede sia giusto farlo per non fare un torto al festeggiato.
A volte, invece, è proprio la situazione che ci impone di comportarci in un certo modo, caso tipico può essere a lavoro: come in quegli uffici con tante persone della quale solo un terzo fa davvero quello che dovrebbe.
Gli unici che adempiono al loro compito avrebbero molto da dire agli altri ma per evitare di rendere il lavoro ancora più stressante per le possibili ripercussioni non dicono la loro.
E ogni volta che ci facciamo influenzare dalle aspettative degli altri o quando siamo obbligati dalle circostante ad agire in certi modi anziché seguire la nostra indole vuol dire che cancelliamo pezzetto per pezzetto la nostra spontaneità.
Andando sempre più a creare un guscio vuoto formato solo da aspettative altrui.
E se “L’uomo è quel che fa” come disse Hegel allora una volta che agiamo in quella certa maniera diventiamo a tutti gli effetti qualcun altro, diventiamo come gli altri vorrebbero che fossimo.
L’unico modo per potersi identificare in se stessi è avere coscienza di ciò che sei tu e di quello che gli altri si aspettano da te e separare le due cose per lavorare sull’opinione che tu hai di te stesso.
Perché la stima di se stessi è la colonna portante del carattere di una persona.
Avere più o meno autostima dipende da vari fattori ma i principali sono 3: Il modo in cui ci presentiamo agli altri che è anche quello più materiale, la capacità di agire quando è necessario che porta ad ottenere i propri obbiettivi e come ci poniamo rispetto agli eventi positivi e negativi.
Ma se l’autostima è la colonna portante tutto il resto dell’edificio è composta dalla crescita personale di ogni persona, per potersi migliorare è necessario lavorare sui nostri difetti e correggerli, ma questo ci obbligherebbe a metterci in discussione e la maggior parte non è disposta a farlo, Ma se non ci accettiamo per quello che siamo e partiamo da li a crescere e migliorarci rimarremo sempre con l’illusione di essere qualcuno che non siamo, come l’uomo che si specchia nel riflesso dello specchio si guarda in faccia per come si vede lui, non accorgendosi che il vero riflesso dello specchio è tutt’altro.