2019
Andrei Daniele Anton

Deus autem Perfectum

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Noi, esseri umani, nella nostra società siamo pressati da molteplici distrazioni o pesi che servono a colmare il nostro vuoto esistenziale, tra cui una è la ricerca della perfezione. Ho impersonificato la perfezione come una statua, bianca per esprimere la purezza dell’essere perfetto, cioe senza alcun difetto, per mostrare il supremo Dio della perfezione che non guarda e non segue nessuno, vede solo se stesso, e siamo noi quelli a seguirlo, gli esseri inferiori, tutti diversi. Il Dio è decorato da delle rose sbiadite per rappresentare il suo “contorno” di bellezza da seguire, univoca e pura, sempre privo di difetti. Tutti sappiamo che una cosa perfetta è piu bella, piu gradevole e soprattutto accettata; Accettata è una parola chiave importante, per rappresentare la nostra società costruita su un modello consumistico e su una moda da seguire. Questo modello consumistico è associato in parte al nostro Dio della perfezione, il grande modello da seguire, tutto ciò lo facciamo con lo scopo di raggiungere la felicità passiva. Cos è la felicità passiva? E’ una felicità non raggiunta, non per le nostre idee o per le nostre soddisfazioni. Siamo schiavi da questo Dio perfetto, lo facciamo per confrontarci tra di noi, per chi ha un livello di bellezza piu alto o per chi è piu alla moda, tutto per sentirsi accettati. Spendiamo soldi per colmare il nostro vuoto esistenziale; ci circondiamo di oggetti che molto spesso non hanno una funzionalità legata alla propria soddisfazione e alla propria felicità. Le pubblicità fanno leva sulla nostra insicurezza; Cerchiamo semprre di stare al passo con i tempi e seguire la massa comprando l’ ultimo modello di smartphone, vestiti e scarpe alla moda di ultima collezzione, accessori e oggetti superflui. Siamo sempre alla ricerca di un’identità, però in una strada non del tutto corretta. Infatti è come se avessimo davanti due strade, la prima piena di pedaggi da pagare, piena di traffico, è la strada che prendono tutti che porta in una meta inesistente chiamata felicità assoluta, passiva, soddisfazione massima, realizazzione incompiuta di se, invece dall’ altra parte c’è una strada secondaria dove non c’è traffico, dove ci sono meno pedaggi da pagare che porta a una meta piu concreta perche non ha nessuna meta, nessun traguardo da raggiungere ed è una strada praticamente desolata perchè sono tutti in coda dall’ altra parte che sono tutti impegnati a trovare il significato che stanno cercando per la propria esistenza. Abbiamo troppe cose intorno a noi con la speranza di riempire il vuoto che noi abbiamo, impegnati a cercare di seguire un modello al posto di essere se stessi. Dobbiamo cambiare l’approcio sulle cose, un approcio che ci porti a focalizzarci sul valore delle cose, sul significato non simbolico, non economico ma funzionale alle cose che si fanno entrare nella propria vita; significa cio che dobbiamo tenere le cose essenziali, cose che non ingombrino il nostro ambiente mentale. Noi viviamo nel sommare e aggiungendo cose sperando di poterci salvare, quando in realtà dobbiamo semplicemente sottrarre e scegliere di farci bastare quello che abbiamo perchè sennò risulta una corsa continua, una corsa verso quello che vediamo gli altri avere che noi non abbiamo. Pero non bisogna ridursi al minimalismo, cioe al minimo necessario, ma bisogna solo rimuovere i pensieri che ci facciamo nel seguire una moda o una tendenza, che sono ritenuti superflui per la nostra mente, solo per fare un confronto materialistico. Dobbiamo toglierci questa idea asfissiante di avere, che ci toglie la concentrazione sul nostro presente e sulle nostre cose che effettivamente ci servono e abbiamo. Dobbiamo chiederci molto piu spesso il valore delle cose che si fanno e che si acquistano, perche soltanto cosi ci si può rendere conto che veramente una grandissima quantità delle cose che si fanno e si acquistano alla fine non hanno nessun valore pieno, ma hanno un valore vuoto, hanno un valore di accettazione sociale, simbolico. Ci troviamo in una logica incentrata e basata su cio che si può far vedere all’esterno, una logica basata  sull’apparenza, sul confronto e sul paragone che ci distrae completamente da  quello che conta veramente su quello che si è all’interno, è la logica dell’avere per essere. Ma la verità è che non bisogna essere qualcuno per gli altri, ma bisogna puntare ad essere qualcuno  per se stessi, bisogna far venire a galla il significato reale delle cose e non il significato simbolico, sociale ed economico.